La Sede - Villa di Vico
L’edificio in cui ha sede la Fondazione è situato in zona collinare a circa un chilometro dall’abitato di San Vincenzo a Torri, nel comune di Scandicci, circa 20 minuti a sud-
La torre centrale è di epoca precedente alla costruzione delle restanti parti dell’immobile e presenta uno stile architettonico tipico del XIV secolo. La vox populi attribuisce questa parte dell’edificio al condottiero Castruccio Castracani che, secondo la leggenda, vi avrebbe sepolto il proprio tesoro. La torre faceva comunque parte di un sistema di avvistamento, comunicazione e trasmissione di messaggi visivi che faceva della Val di Pesa un importante avamposto strategico e militare.
Alle carte dei Capitani di Parte – piante di popoli e strade (tomo 117, parte 1a) – risalenti al 1580, risulta segnato l’edificio di Vico, nel quale risedeva, affittuario della nobile famiglia mercantile fiorentina dei Busini, certo Pietro Barucci, come indicato appunto in queste antiche mappe. A quanto risulta dagli arroti e dai campioni di Decima Granducali (fino al 1527) e Repubblicani (1480 ca.), la famiglia dei Busini è stata proprietaria dell’immobile e delle sue annessioni almeno fin dalla seconda metà del secolo xv. I proprietari precedenti ai Busini devono aver avuto una qualche attinenza con la famiglia dei Medici, visto il grande camino con stemma mediceo nella sala principale della “Villa di Vico”[1].
La nobile famiglia fiorentina dei da Cepperelli diventa proprietaria della Villa di Vico nel 1601 e vi resta fino al 1644. La proprietà dei da Cepperelli risulta anche da un antico acquerello (databile intorno al 1640), in cui sono raffigurati i più importanti edifici della zona (ASF, Carte Galli Tassi, recentemente pubblicato in AA.VV., Il Mulinaccio, Ed. CentroLibro, Scandicci, 1996). Per un certo periodo i da Cepperelli cedono in affitto il “Palazzo di Vico” a “Pier Antonio de’ Pazzi, con tutte le sue appartenenze” (Cfr. in ASF, Notarile Moderno Prot. 17439-
Nel 1644, in seguito ad una divergenza con la proprietà dei Lami, confinante a Nord, (divergenza documentata anche in AA.VV., Il Mulinaccio, op. cit., pagg. 21-
Come è possibile desumere da un lascito testamentario del 1677 (Cfr. in citato testamento Notaio Vergelli), oltre alla Villa di Vico la famiglia dei Galli aveva acquistato diverse proprietà nella zona. A questo acquisto si era giunti anche in seguito ad un importante matrimonio del capostipite dei Galli, Agnolo di Lorenzo d’Agnolo Galli, ricco mercante e nobile fiorentino, che aveva sposato una Tassi all’inizio del 1600 ed aveva avuto in dote la grande Villa dei Lami, non lontano dalla Villa di Vico. Dopo aver provveduto a risistemare la Villa dei Lami, ingrandendola e ristrutturandola, questo antenato dei Galli aveva deciso di allargare i propri possedimenti nella zona, acquistando case, terreni ed infrastrutture produttive dai proprietari confinanti.
Di padre in figlio, i Galli si trasmettono la proprietà della Villa di Vico: Giovan Matteo (figlio del Capitano Carlo di Lorenzo d’Agnolo Galli) eredita “La Villa e il Palazzo nominato Vico” in seguito a divisione dell’eredità fatta con il fratello Lorenzo Galli, il 4 maggio 1677 (Cfr. ASF, arroto n. 59 dell’anno 1678, Decima Granducale Leon Rosso, Q.S.M.N., n. 2827). Giovan Matteo lascia la proprietà ai figli Isidoro e Domenico (Cfr. ASF, Decima Granducale n. 2835, arroto dell’anno 1686, n. 11). Dai Campioni di Decima Granducale (anno 1714, n. 3621, nel Gonfalone Leon Rosso del Quartiere di Santa Maria Novella –
Dalla Decima Granducale n. 5737 dell’anno 1776, arroto n.258, si rileva che in quel periodo uno dei tre fratelli, Matteo Galli, era comproprietario per un terzo dell’immobile nominato Villa di Vico e che, non dovendo pagare alcuna decima, vi risiedeva. Dalle registrazioni di decima del Catasto Lorenese (Cfr. ASF, decima n. 491, arroti dell’anno 1790, n. 14, 17 e 18) si ricava lo stato della proprietà all’anno 1790 e si desume che i tre eredi della famiglia Galli, vale a dire Matteo, Luigi e Giuseppe, erano tuttora comproprietari dell’immobile. Dalle ultime decime del Catasto Lorenese (che copre il periodo 1776-
Alla fine della seconda guerra mondiale (nel periodo in cui il fronte era dislocato nella zona della Val di Pesa), l’edificio, date le sue proporzioni e la sua notevole robustezza, viene adibito ad ospedale militare delle truppe tedesche, mentre la torre viene utilizzata come punto di avvistamento, in direzione Cerbaia (zona di operazione delle truppe Alleate). Per questa sua duplice funzione la Villa fu pesantemente bombardata (la torre subì i danni maggiori, venendo decapitata di diversi metri). Dopo la guerra la Villa rimase in stato di semi-
Descrizione dell’edificio
Dall’esterno l’edificio si presenta di conformazione robusta, tipo cassero; sull’angolo Nord-